MILANO. L'università dopo lo tsunami dell'emergenza sanitaria: cambiamenti, criticità e prospettive. Ne parliamo con il Prof. Gian Battista "Gianni" Canova, Rettore della Libera Università di Lingue e Comunicazione IULM di Milano, dove è Professore ordinario di Storia del cinema e Filmologia. Fondatore e direttore del mensile di cinema e spettacolo Duel (ora Duellanti), collaboratore del Domenicale de Il Sole 24 ORE, critico cinematografico per Sky Cinema, Gianni Canova è stato critico cinematografico per la Repubblica, Sette del Corriere della Sera e La Voce, scrivendo per numerosi magazine, come Rolling Stone e Vogue, ha curato diverse pubblicazioni e mostre multimediali, lavorato per la televisione come autore e conduttore di programmi dedicati al cinema.
L'intervista è a cura di Vittorio Schieroni, che ha studiato e avuto le prime esperienze professionali proprio presso l'Università IULM. Il Direttore di ARTSTART ha seguito due Corsi del Prof. Gianni Canova, il quale ha presieduto anche la sua Commissione di Laurea triennale.
Intervista di Vittorio Schieroni
Direttore ARTSTART
Vittorio Schieroni: A causa dell'emergenza sanitaria le attività didattiche di tutte le università hanno subito una brusca interruzione seguita da una ripresa online delle lezioni. Quali sono le principali iniziative che l'Università IULM ha messo in campo per far fronte alle problematiche di carattere organizzativo?
Gianni Canova: L'Università IULM, come un po' tutto il sistema universitario italiano, ha dato prova di grande duttilità, di grande capacità di adattarsi alle nuove condizioni emergenziali imposte dalla pandemia. Abbiamo trasferito online tutta la nostra didattica in tempi record, fra i sette e i dieci giorni al massimo. La situazione si è presentata del tutto inattesa e l'Istituzione ha mostrato una reattività molto significativa. Ovviamente ci sono stati alcuni docenti che hanno avuto un po' più problemi, ma abbiamo messo in piedi proprio durante un lockdown durissimo una task force composta soprattutto da giovani per aiutare sotto il profilo tecnologico i docenti ad affrontare questo cambiamento. In molti casi emergeva chiara la consapevolezza che alcuni insegnamenti diventassero perfino più performanti se erogati in remoto. Detto questo, io sono uno strenuo difensore dell'aula, credo che la centralità dell'aula sia imprescindibile, che l'università sia fatta anche di incontro, condivisione, socialità, esperienza, di vita nel campus.
Pensa che l'approccio didattico subirà un cambiamento definitivo anche dopo la ripresa delle lezioni in aula?
Sogno di tornare il più possibile in aula, ma credo che andremo ormai sempre di più verso un sistema misto, dove alcuni insegnamenti potranno essere erogati anche con elementi di innovazione, di sperimentazione online, mentre altri rimarranno in aula, com'è giusto che sia. Non ritorna mai nulla come prima, ci si illude che nulla cambi dopo esperienze come questa. Lascerà delle tracce significative, anche perché siamo stati in qualche modo obbligati a fare di un'emergenza un'opportunità e quindi la pandemia ci ha imposto di accelerare dei processi che erano già in atto, che per inerzia, per pigrizia andavano avanti forse troppo lentamente.
Uno di questi cambiamenti è rappresento certamente da un utilizzo senza precedenti di Internet, del digitale e della tecnologia, che sono diventati essenziali per poter fare qualsiasi cosa.
Abbiamo sperimentato il digitale in tutti i modi e in tutte le sue forme, con centinaia di tesi di laurea e sessioni di esame in remoto, abbiamo capito pregi e difetti. Abbiamo compreso che alcune cose si possono fare, mentre altre è bene non farle online. Ci siamo resi conto che con l'online si possono sperimentare forme molto innovative nella didattica, che integrare digitale e lezione in presenza può dar vita a forme molto interessanti. Per esempio ho sperimentato durante le settimane del lockdown lezioni in cui eravamo tre o quattro professori di discipline diverse connessi a discutere in una dimensione davvero pluridisciplinare. Vedo lezioni che sono strepitose ed anche i ragazzi hanno colto benissimo la portata di questa innovazione. Io sono convinto che non si tornerà indietro.
"Non ritorna mai nulla come prima, ci si illude che nulla cambi dopo esperienze come questa. Lascerà delle tracce significative, anche perché siamo stati in qualche modo obbligati a fare di un'emergenza un'opportunità e quindi la pandemia ci ha imposto di accelerare dei processi che erano già in atto, che per inerzia, per pigrizia andavano avanti forse troppo lentamente".
C'è da dire che l'Università IULM è sempre stata all'avanguardia anche a livello tecnologico rispetto a molte altre Istituzioni, con una spiccata propensione per la tecnologia, per le nuove modalità del comunicare. Vorrei a questo punto allargare il campo: anche se adesso è prematuro fare questo tipo di valutazioni, qual è lo scenario che secondo lei si va configurando per il futuro delle università italiane? Si è parlato sui giornali anche di una possibile significativa contrazione nel numero delle iscrizioni, dei problemi economici delle famiglie, di una diffusa incertezza… si può già intuire in un certo senso dove stiamo andando?
Per capire dove stiamo andando bisogna capire prima da dove stiamo venendo. Veniamo da una situazione drammatica: siamo il Paese europeo con il minor numero di laureati. Anche la Romania, che era dietro di noi fino a pochi mesi fa, ci ha superato. Siamo l'ultimo Paese in Europa per investimenti nella formazione, nella didattica, nella scuola e nell'alta formazione. Siamo un Paese che negli ultimi anni ha praticato l'elogio dell'incompetenza e dove si diceva alle giovani generazioni di non studiare perché non serve a niente. Un progressivo attacco alla cultura e un progressivo diffondersi di quella che io chiamo "ignorantocrazia", secondo un piano deliberato per cui un popolo ignorante lo si manipola meglio. Ne abbiamo la prova: abbiamo in Parlamento persone che sono lì non perché abbiano una visione del futuro. Quando siamo a questo punto non c'è da stupirsi se le immatricolazioni caleranno ancora un po'. Caleranno in parte per gli oggettivi problemi economici delle famiglie, ma io credo che non sia quello, il problema è culturale non è economico. Il problema è far capire che oggi è la formazione di qualità, l'alta formazione a contare per poter dare un futuro sia ai singoli sia al Paese.
Un problema, quello legato alla formazione, che affligge l'Italia da tempo e che sarà difficile superare.
Purtroppo a fare questa battaglia sulla centralità dell'università e sull'imprescindibilità della formazione siamo in pochissimi. Non a caso in questo Paese ha riaperto tutto dopo il lockdown tranne la scuola; della scuola e dell'università non frega niente a nessuno, sono considerati soltanto dei parcheggi in cui depositare i figli per consentire ai genitori di andare a lavorare. Di che cosa si insegna, come si formano i ragazzi, qual è la didattica più giusta: di questo non importa niente a nessuno. E ciò avrà dei risultati secondo me drammatici, catastrofici sul futuro. Per questo io difendo alcune isole felici: mi permetto di dire che IULM è una di queste, dove cerchiamo di fare formazione accurata e di qualità in qualunque contesto. Certo, il rientro a settembre sarà molto difficile per tutti e anche per noi.
Le università alle prese con una situazione senza precedenti. Solo criticità oppure si possono aprire anche delle opportunità fino a poco tempo fa impensabili? Abbiamo già parlato della questione tecnologica e questa è una prima risposta. Ma forse possiamo anche parlare di un possibile cambiamento di mentalità in generale.
Assolutamente sì, la costrizione diventa un'opportunità. Cito sempre una frase dello scrittore Paul Auster, che dice che solo quando sono messi con le spalle al muro gli esseri umani danno il meglio di sé. La pandemia ci ha messo con le spalle al muro e possiamo dare il meglio o il peggio. C'è chi sta tirando fuori il meglio e anche chi tirerà e sta tirando fuori il peggio. Che tutto quello che è successo spinga verso l'opportunità di ripensare visioni, progetti, scopi, finalità, procedure, protocolli è indiscutibilmente vero. Il timore è che l'inerzia burocratica di questo Paese freni le vie e i percorsi che potrebbero aprirsi proprio in virtù dell'esperienza senza precedenti che tutti abbiamo vissuto negli scorsi mesi.
Università vuol dire soprattutto formazione di nuovi futuri professionisti. Cosa si sentirebbe di dire a un giovane che si affaccia ora sul mondo del lavoro? Un giovane magari già preoccupato prima dell'emergenza sanitaria, a maggior ragione adesso.
Mi sentirei di dire che, proprio per la difficilissima situazione che stiamo attraversando, il Paese – ma mi viene da dire il mondo – ha ancora più bisogno di prima di una nuova classe dirigente, che sia visionaria, seria, responsabile e preparata. Una nuova classe dirigente dotata prima di tutto di pensiero critico, della capacità di fare analisi e sintesi, della capacità di avere visioni sul futuro. Mi sentirei di dire "studiate, ragazzi!". Certo, bisognerebbe avere il coraggio di capire che anche i prodotti e i percorsi formativi che noi proponiamo andrebbero rieditati rispetto a un mondo che porrà delle domande nuove, che già pone delle domande nuove, a cui non si possono dare delle risposte vecchie. E allora – parlo sempre dell'esperienza dell'Università che ho l'onore di guidare – noi stiamo mettendo in campo alcune nuove proposte formative, in termini di master per esempio, che andremo a presentare proprio nei prossimi mesi, che nascono dall'esigenza di dare delle risposte anche ad alcuni problemi che la pandemia ha evidenziato.
Ci può fare alcuni esempi concreti che riguardano la futura offerta formativa dell'Università IULM una volta superata questa emergenza?
Stiamo per esempio lavorando all'ipotesi di un master sulla comunicazione pubblica soprattutto in tempi di crisi, perché uno dei problemi che la pandemia ha evidenziato è una specie di collasso comunicativo, un'incapacità di governare la comunicazione. Ci sono stati degli errori comunicativi clamorosi. Anche dal punto di vista del pensiero critico, che non dia una formazione specialistico-tecnologica, ma che dia la capacità di pensare e imparare per tutta la vita, nella convinzione che se tu impari soltanto a usare una tecnologia e nient'altro, quando quella tecnologia diventerà obsoleta, sarai obsoleto anche tu. Stiamo pensando a un master in comunicazione della filiera agroalimentare, perché il tema del cibo e di ciò che mangiamo, della tracciabilità e della sicurezza del cibo diventerà sempre più rilevante nel prossimo futuro. Abbiamo già lanciato una nuova borsa di laurea triennale in moda e industrie creative, che partirà già dal prossimo autunno, nella convinzione che questo sia il capitale più prezioso di cui un Paese come il nostro dispone: la creatività e la capacità di rendere la creatività anche un sistema economico. Andremo a preparare dei comunicatori che sappiano in qualche modo promuovere e comunicare al mondo l'eccellenza della creatività italiana.
Ho studiato e svolto le mie prime attività professionali presso l'Università IULM, alla quale sono molto legato. Dalla sua nascita, alla fine degli anni '60, è diventata nel corso del tempo un polo di eccellenza negli ambiti non solo delle lingue e della comunicazione, ma anche del turismo e della valorizzazione dei beni culturali. Quali sono secondo lei i principali punti di forza dell'Università IULM?
Direi che il principale punto di forza sta nell'aver mescolato i saperi, nell'aver continuamente ibridato una dimensione economico-manageriale con una dimensione più umanistico-mediologica dando spazio a discipline come la sociologia e la psicologia dei consumi, l'estetica, il cinema, il teatro, l'arte, la musica. Mettere assieme queste diverse anime, praticare una deliberata ibridazione dei saperi è stato il punto di forza dell'Università, che pochi altri fanno essendo molto più compartimentati. Le devo anche dire che spesso per fare questo abbiamo dovuto portare avanti battaglie durissime, ci sono forti resistenze da parte degli apparati istituzionali a questa pratica di ibridazione dei saperi. Questo il primo tema, il secondo elemento che ha fatto la forza della IULM è il tentativo di mantenere continuamente un contatto con il mondo del lavoro di riferimento costruendo le offerte formative non sulla base delle esigenze e delle carriere dei professori, ma sulla base delle esigenze del mercato e del Paese. Terzo punto di forza l'aver innervato sul piano della docenza i professori universitari con tutta una serie di professionisti a contratto, spesso di primissimo piano nelle rispettive aree economico-disciplinari, professionisti che portano la ricchezza della loro esperienza maturata sul campo e la condividono con gli studenti. Quindi, ibridazione dei saperi, contatto stretto con il mondo del lavoro e docenti che non sono chiusi in università, ma che vivono e fanno esperienza nel mondo, conoscono le aspettative, i bisogni e le esigenze del mondo là fuori e portano tutto questo dentro l'università.
"Mi sentirei di dire che, proprio per la difficilissima situazione che stiamo attraversando, il Paese – ma mi viene da dire il mondo – ha ancora più bisogno di prima di una nuova classe dirigente, che sia visionaria, seria, responsabile e preparata. Una nuova classe dirigente dotata prima di tutto di pensiero critico, della capacità di fare analisi e sintesi, della capacità di avere visioni sul futuro".
La creatività come elemento fondamentale della formazione universitaria è una visione di cruciale importanza per un Paese ricco di cultura e d'arte come il nostro.
Il Covid ha lasciato in sospeso un progetto a cui tengo molto e che vorrei riprendere quanto prima: fare del nostro Campus, che nel frattempo è cresciuto anche rispetto agli anni in cui lo frequentava lei, un vero laboratorio di attività a cielo aperto. Mi piacerebbe fare del Campus un museo della comunicazione, ma anche un'officina che invita giovani artisti a esporre, addirittura a progettare opere, che poi potrebbero entrare a far parte di una collezione. Un vero progetto di cura anche estetica del Campus e di trasformazione in un laboratorio di idee aperto alla creatività giovanile. Questo implica investimenti sia strutturali sia ideativi, ma stiamo lavorando in quella direzione.
Nelle foto: Gianni Canova
L'intervista è stata rilasciata dal Prof. Gianni Canova a Vittorio Schieroni in data lunedì 22 giugno 2020.
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